Alla conquista del Polo Nord - Umberto Nobile

 Umberto Nobile





POLO NORD, UNA CONQUISTA IMPOSSIBILE

L'uomo ha sempre voluto misurarsi con i suoi limiti, esplorando confini sempre più distanti sempre più avanti. Sarà la cosìddetta "sete d'avventura" o voglia di capire, conoscere misurandosi con se stesso. Le grandi trasvolate le esplorazioni sono prova di tutto ciò, nonostante i mille ostacoli che vi si presentavano, egli era come assolto da una sorta di calamita che comunque lo attirava verso l'ignoto, una di queste grandi imprese fu la conquista del Polo Nord, una terra di ghiaccio, inospitale, invivibile e forse per questo ha sempre suscitato interesse e meraviglia, forse per la convinzione che una volta arrivati li, sarebbe stato in grado di padroneggiarla. Invece la vera scoperta fu, che egli fa parte della natura e come tale non può dominarla ma bensì esserne parte integrante.




Il Polo Nord
 All'inglese Henry Hudson viene attribuito il primo tentativo di esplorazione dell'Artico. A bordo della nave Hopewell egli raggiunse nel 1607 la Groenlandia e da qui le coste settentrionali delle odierne isole Svalbard; ma la barriera di ghiaccio impedì all'esploratore di oltrepassare gli 80° 23' di latitudine N. Questo traguardo fu superato nel 1773 da un altro inglese, Constantin J. Phipps, che raggiunse 80° 48' di latitudine N con il vascello Racehorse. Ancora un inglese, William Edward Parry, guidò il primo tentativo di esplorazione con slitte, nel giugno 1827: le profonde fratture della superficie ghiacciata ai margini della calotta polare lo fermarono a 82° 45' latitudine N.

Il Farm


Nel 1893 il norvegese Fridtjof Nansen si inoltrò nel Mar Glaciale Artico con il veliero Fram, che venne imprigionato dai ghiacci alla latitudine di 84°. Nansen con un compagno stabilì con le slitte il nuovo primato nella corsa verso il Polo: il 7 aprile 1896 venne raggiunta la latitudine di 86° 14' N. Pochi anni dopo anche l'Italia prese parte alla sfida con una spedizione guidata dal Duca degli Abruzzi a bordo della Stella Polare, della quale il Museo conserva la polena. Nell'aprile del 1900, a poco più di un anno dalla partenza della nave, Umberto Cagni, ufficiale della Regia Marina, lasciato il veliero raggiunse con le slitte la latitudine di 86° 34' N.Sei anni più tardi lo statunitense B.E. Peary superò, sempre con slitte, la latitudine di 87°. Lo stesso Peary ritentò la marcia nel 1909, con 19 slitte e 133 cani, raggiungendo la latitudine di 87° 47'.
La Stella Polare circondata dai ghiacciai.


Ma i capitoli forse più temerari della sfida artica furono i tentativi di esplorazione aerea, iniziati nel 1897 dallo svedese Salomon August Andrée. Con due compagni, Nils Strindberg e Knut Hjalmar Fraenkel, egli decise di raggiungere il Polo Nord con il pallone aerostatico Örnen ("Aquila"): la partenza avvenne l'11 luglio dalla Baia Virgo, a nord delle isole Svalbard. Dopo circa 400 km una perturbazione fece precipitare l'aerostato alla latitudine di 82° 56' N. I tre esploratori cercarono di tornare alla terraferma con le slitte, raggiungendo in ottobre l'Isola Bianca; ma il freddo li uccise e i loro resti furono ritrovati soltanto nel 1930 durante la spedizione della nave Bratvaag. Se escludiamo i tentativi compiuti dallo statunitense Wellman nel 1907 e nel 1909 con il piccolo dirigibile America, entrambi falliti poco dopo la partenza, dobbiamo attendere la fine della prima guerra mondiale per assistere alla ripresa delle spedizioni artiche. Va ricordata innanzitutto la spedizione Junkers-Hammer: la Junkers era una fabbrica tedesca di aerei e Hammer un esploratore statunitense. Lo Junkers Eis Vogel ("Uccello dei ghiacci") compì diversi voli fra il 5 e il 7 luglio 1923 sull'arcipelago delle Svalbard; fu superato l'80° parallelo e venne impiegata per la prima volta la fotogrammetria aerea.



Mar Glaciale Artico, 82° 56' latitudine N e 29° 52' longitudine E di Greenwich: l'Örnen di Andrée subito dopo l'atterraggio forzato sui ghiacci.


Ma i capitoli forse più temerari della sfida artica furono i tentativi di esplorazione aerea, iniziati nel 1897 dallo svedese Salomon August Andrée. Con due compagni, Nils Strindberg e Knut Hjalmar Fraenkel, egli decise di raggiungere il Polo Nord con il pallone aerostatico Örnen ("Aquila"): la partenza avvenne l'11 luglio dalla Baia Virgo, a nord delle isole Svalbard. Dopo circa 400 km una perturbazione fece precipitare l'aerostato alla latitudine di 82° 56' N. I tre esploratori cercarono di tornare alla terraferma con le slitte, raggiungendo in ottobre l'Isola Bianca; ma il freddo li uccise e i loro resti furono ritrovati soltanto nel 1930 durante la spedizione della nave Bratvaag. Se escludiamo i tentativi compiuti dallo statunitense Wellman nel 1907 e nel 1909 con il piccolo dirigibile America, entrambi falliti poco dopo la partenza, dobbiamo attendere la fine della prima guerra mondiale per assistere alla ripresa delle spedizioni artiche. Va ricordata innanzitutto la spedizione Junkers-Hammer: la Junkers era una fabbrica tedesca di aerei e Hammer un esploratore statunitense. Lo Junkers Eis Vogel ("Uccello dei ghiacci") compì diversi voli fra il 5 e il 7 luglio 1923 sull'arcipelago delle Svalbard; fu superato l'80° parallelo e venne impiegata per la prima volta la fotogrammetria aerea.
Roald Amundsen

E' tuttavia del norvegese Roald Amundsen, che il 15 dicembre 1911 aveva già conquistato il Polo Sud, il più importante tentativo di esplorazione aerea dell'Artico. Dopo aver fallito nel 1918 e nel 1920 con la nave Maud, egli si era convinto che le possibilità di raggiungere il Polo Nord con navi e slitte erano davvero minime e organizzò una spedizione con due idrovolanti Dornier Wal: gli aerei decollarono dalla Baia del Re, nelle isole Svalbard, il 21 maggio 1925. Alle prime ore del giorno successivo, raggiunta la latitudine di 88°, i due idrovolanti decisero di ammarare su uno specchio d'acqua; durante la manovra, uno dei velivoli subì gravi danni e il 15 giugno la spedizione decise di rientrare a bordo dell'unico aereo intatto. L'ultimo tentativo compiuto da un aereo prima del dirigibile Norge si deve agli statunitensi Richard Byrd e Floyd Bennett: a bordo del Fokker Josephine Ford partirono dalla Baia del Re il 9 maggio 1926, senza tuttavia, nonostante le loro affermazioni, riuscire a raggiungere il Polo. Due giorni dopo, l'11 maggio 1926, il Norge si alzò in volo per la leggendaria trasvolata.

Il Norge

Negli anni in cui Amundsen tentava di raggiungere il Polo per mezzo di aeroplani, il colonnello Umberto Nobile dirigeva lo Stabilimento militare di Costruzioni aeronautiche di Roma e seguiva con attenzione le vicende che si svolgevano a migliaia di chilometri di distanza. Egli riteneva che solo il dirigibile avrebbe consentito il lungo volo necessario per superare l'Artico.


Nobile incontrò Amundsen a Oslo dopo lo sfortunato tentativo dei Dornier Wal e propose all'esploratore norvegese di organizzare una nuova spedizione con un dirigibile N1 adeguatamente rinforzato per poter affrontare il mare polare. I problemi tecnici più importanti erano legati alla riduzione del peso dell'aeronave, garantendo al tempo stesso la robustezza della struttura, soprattutto a prua, per consentire un ormeggio sicuro (al Museo è conservato il "valvolone" di prua del Norge). A questo si aggiungeva la necessità di nuovi piloni di attracco e di un hangar sicuro alla Baia del Re. Infine bisognava formare un equipaggio in grado di affrontare un volo rischioso e un atterraggio in Alaska senza aiuto da terra.


Disegno realizzato il 9 dicembre 1925 relativo al dirigibile N1, che l'anno successivo sarà ribattezzato Norge. 




Il Norge sorvola la Baia del Re (1926).




Alle 9.50 dell'11 maggio 1926 il Norge lasciò la Baia del Re dirigendosi verso il Polo Nord. L'equipaggio, cambiato più volte durante le tappe di avvicinamento, era in quel momento composto da sei italiani (tra cui Nobile col ruolo di comandante), otto norvegesi (tra cui Amundsen), uno statunitense e uno svedese.  Dopo sei ore l'aeronave superò l'83° parallelo: sotto di essa si stendeva l'immenso mare polare. All'1.30 del 12 maggio 1926 il Norge raggiunse il Polo Nord. La radio di bordo informò il mondo dell'avvenimento. Poi il viaggio proseguì sul ghiaccio inesplorato, in direzione dell'Alaska. La mattina del 13 maggio apparvero le coste americane: fino ad allora non fu notata alcuna traccia di terraferma. L'atterraggio, previsto inizialmente a Nome, fu anticipato a causa del maltempo a Teller, una minuscola località dell'Alaska, alle 7.30 del 14 maggio 1926. In 170 ore di volo erano stati percorsi 13.000 km, da Roma all'Alaska. Venne definitivamente dimostrato che attorno al Polo Nord si estende un immenso mare ghiacciato, il Mar Glaciale Artico, mentre il dirigibile confermò di essere in quegli anni l'unica macchina in grado di sostenere grandi traversate senza punti di rifornimento.


una bellissima immagine dell'imponente Norge.



La copertina de La Domenica del Corriere





La spedizione del dirigibile "Italia"



La trasvolata del Norge, organizzata in tempi ristretti, aveva necessariamente escluso qualunque programma di ricerca scientifica: circa 4 milioni di kmq della calotta polare restavano inesplorati e l'eventuale presenza di terre emergenti fra i ghiacci era tutta da verificare. Umberto Nobile aveva già deciso al suo arrivo a Teller la preparazione di un'altra impresa, questa volta con un dettagliato programma di esplorazione geografica e di esperimenti scientifici. Il governo italiano (e soprattutto Balbo) non autorizzò la costruzione di un nuovo dirigibile, l'N5, grande tre volte il Norge: pur riconoscendo gli indubbi meriti della spedizione artica del 1926, l'Aeronautica preferì concentrare i propri sforzi nello sviluppo degli aerei. Nobile tuttavia non si arrese: ottenne il sostegno di un gruppo di industriali milanesi e portò a termine nel 1927 la costruzione di un'aeronave gemella del Norge, l'N4. Nel frattempo, istituti scientifici italiani, cecoslovacchi, statunitensi e inglesi misero a disposizione i loro migliori strumenti di rilevazione.


Alla fine di marzo del 1928 ogni dettaglio della spedizione era stato definito. Il dirigibile N4, ribattezzato Italia, aveva 13 membri d'equipaggio, tutti italiani. Considerando anche i tre scienziati e i due giornalisti, la spedizione comprendeva in tutto 18 uomini, con Nobile naturalmente come comandante.







Dopo il trasferimento da Roma a Milano, l'Italia partì dall'aerodromo milanese di Baggio il 15 aprile 1928 e con un volo di circa 6000 km, facendo tappa a Stolp (Pomerania) e Vadsö (Norvegia), giunse alla Baia del Re il 6 maggio.


Il primo volo di esplorazione delle regioni polari si concluse ben presto, a causa delle avversità atmosferiche e di guasti tecnici. Il secondo durò tre giorni con un percorso di circa 4000 km sui territori inesplorati a nord-est delle isole Svalbard: vennero definiti gli estremi confini occidentali della Terra del Nord, fu dimostrata l'inesistenza della Terra di Gillis e vennero effettuati diversi rilevamenti sulla Terra di Nord-Est. Il terzo volo doveva esplorare la parte settentrionale della Groenlandia, alla ricerca di terre emerse, per dirigersi quindi sul Polo, dove erano previste misurazioni scientifiche sul pack.

Alle 4.28 del 23 maggio 1928 l'Italia si alzò in volo con sedici persone a bordo e, nonostante una violenta perturbazione, raggiunse il Polo Nord alla mezzanotte fra il 23 e il 24 maggio. Fu impossibile attuare la discesa sui ghiacci, a causa del forte vento. Alle 2.20 Nobile ordinò che si prendesse la via del ritorno.

Baia del Re, 23 maggio 1928, ore 4.28: la partenza dell'Italia per il terzo volo artico.



L'avvistamento delle isole Svalbard era previsto per le prime ore del mattino del 25 maggio, ma la forza del vento aveva portato spesso l'aeronave fuori rotta, rallentandone la marcia. Alle 10.30 il capo motorista Cecioni diede l'allarme: l'Italia stava perdendo rapidamente quota. Tre minuti più tardi, per cause che restano tuttora sconosciute, il dirigibile si schiantava sul pack, a quasi 100 km dalle isole Svalbard.


Dieci uomini caddero dalla navicella di comando sui ghiacci. Il meccanico Pomella fu trovato morto dai superstiti subito dopo la caduta; Nobile e Cecioni subirono fratture agli arti. Sull'involucro privo di comandi restarono invece Alessandrini, Caratti, Ciocca, Arduino, Pontremoli e Lago. L'aeronave si risollevò lentamente scomparendo nella fitta nebbia: della sua sorte e di quella dei sei uomini rimasti a bordo non si ebbero più notizie. Probabilmente l'Italia andò alla deriva, inabissandosi nel Mare di Barents.

La prima pagina del Corriere della Sera dell'11 giugno 1928.


La caduta del dirigibile Italia sul pack (copertina della Domenica del Corriere).




L'impatto aveva riversato un po' ovunque anche numerose attrezzature di bordo. Fu rinvenuta una parte dei viveri, ma soprattutto la tenda preparata per la discesa sul Polo e la radio di soccorso Ondina 33. La tenda, colorata di rosso con l'anilina che avrebbe dovuto servire per le rilevazioni altimetriche, diventò un indispensabile rifugio per i naufraghi e un punto di riferimento per i soccorsi. Il radiotelegrafista Biagi montò subito l'antenna della radio e attivò l'apparecchio. Il 30 maggio, dopo cinque giorni di infruttuose trasmissioni (la nave appoggio Città di Milano non riuscì a captare i messaggi di aiuto), Mariano, Zappi e Malmgren lasciarono la tenda per una marcia disperata verso la terraferma. Alcuni giorni dopo, il 2 giugno, un radioamatore russo di nome Nicolaj Schmidt, intercettò l'SOS dei naufraghi.

Il difficile salvataggio
La notizia del naufragio dell'Italia si diffuse in tutto il mondo. Due baleniere, la norvegese Hobby e la Braganza (noleggiata dall'Italia), perlustrarono inutilmente la zona a nord delle Svalbard. Anche i reparti degli alpini e i giovani della SUCAI (associazione universitaria legata al Club Alpino Italiano) si attivarono immediatamente e setacciarono senza successo centinaia di chilometri quadrati, con la speranza che il dirigibile avesse raggiunto le coste settentrionali delle Svalbard. La nave appoggio Città di Milano si spostò alla Baia Virgo e finalmente l'8 giugno stabilì il contatto radio con la Tenda Rossa: i naufraghi si trovavano a 80° 30' latitudine N e 28° 4' longitudine E.


Baia del Re, aprile 1928: l'arrivo della nave appoggio Città di Milano. Per aprire un varco fra i ghiacci e consentire l'attracco vennero fatte esplodere dagli alpini numerose cariche di dinamite davanti alla prua.


Tra la fine di maggio e i primi di giugno si mossero anche i governi svedese e italiano. La Svezia inviò il battello Tanja con due idrovolanti Hansa-Brandenburg e il Fokker 31 pilotato da Einard Lundbord. Sulla baleniera Quest partirono gli uomini della spedizione, guidati da Tornberg. In Italia il governo fascista si limitò ad autorizzare la partenza di un idrovolante Siai S55 pilotato dal maggiore Umberto Maddalena, con una spedizione resa possibile dal finanziamento deciso da privati, organizzati in comitato a Milano presso l'Automobile Club.


Nella prima metà di giugno la Svezia inviò un altro aereo, il trimotore Uppland; la Finlandia mise a disposizione il monomotore Turku. L'idrovolante di Maddalena raggiunse la Baia del Re il 18 giugno. Nello stesso giorno il Latham-47 della spedizione francese, decollato da Trömso, precipitò nel Mare di Barents con a bordo quattro uomini dell'equipaggio, Amundsen (il leggendario esploratore norvegese compagno di Nobile nella trasvolata del Norge) e Dietrichson (pilota di uno dei due Dornier Wal che avevano tentato la conquista polare nel 1925): uno dei galleggianti dell'idrovolante fu ritrovato il 31 agosto dalla nave Brodd.



Baia del Re, 18 giugno 1928: l'idrovolante S55 pilotato da Umberto Maddalena ammara nei pressi della nave appoggio Citta' di Milano.


Il 19 giugno Maddalena fece un primo volo, infruttuoso, alla ricerca della Tenda Rossa. Il giorno successivo, durante un'altra ricognizione dell'S55, i naufraghi scorsero l'idrovolante e iniziarono a trasmettere il segnale stabilito: "KKK"; il pilota dell'aereo riuscì così a individuare la tenda e a lanciare sui ghiacci i primi aiuti.


Il 22 giugno l'S55 ripartì, questa volta insieme a un altro idrovolante italiano, il Dornier Wal Marina II di Penzo, giunto alla Baia del Re un paio di giorni prima. I due velivoli erano carichi di rifornimenti indispensabili alla sopravvivenza dei naufraghi. Nello stesso giorno anche i due Hansa della spedizione svedese sorvolarono la Tenda Rossa, lanciando altre provviste e chiedendo agli uomini sui ghiacci di individuare e segnalare un luogo adatto per l'atterraggio.

Nel frattempo, al capitano degli alpini Gennaro Sora e a due esperti conoscitori del pack, Warming e van Dongen, venne affidato il compito di ritrovare Mariano, Zappi e Malmgren. La spedizione di terra lasciò Capo Nord il 18 giugno con slitte trainate da cani e si diresse verso l'isola di Foyn. A metà del percorso, Warming, colpito da oftalmia, si fermò in un rifugio. Sora e van Dongen raggiunsero l'isola di Foyn dopo una marcia durissima; tuttavia, allo stremo delle forze, non riuscirono a proseguire e dovettero attendere a loro volta i soccorsi.

20 giugno 1928, 80° latitudine N: l'idrovolante S55 sorvola per la prima volta la Tenda Rossa. Sulla sinistra è visibile il segnale del campo di atterraggio preparato dai naufraghi.


La sera del 23 giugno due aerei svedesi raggiunsero nuovamente la Tenda Rossa: uno era il Fokker 31 di Lundborg, che riuscì ad atterrare sulla pista di neve e ghiaccio e a trarre in salvo Nobile, che avrebbe dovuto dirigere dalla base svedese le successive operazioni di soccorso. Lundborg tornò poco dopo in aiuto degli altri naufraghi, ma in fase di atterraggio il suo Fokker si ribaltò e il pilota rimase a sua volta prigioniero dei ghiacci.


Un'altra spedizione aveva intanto lasciato la nave Braganza ed era partita alla ricerca del gruppo Mariano: la componevano due giovani della SUCAI, Matteoda e Albertini, un conducente di slitte (Tandberg) e la guida Nois. Dal 23 giugno al 6 luglio i quattro uomini perlustrarono un'ampia zona della Terra di Nord-Est, percorrendo quasi 500 km senza trovare traccia né dei dispersi né dell'Italia.

Il 6 luglio il Moth svedese pilotato da Schyberg portò in salvo Lundborg ma non tentò più altri rischiosi atterraggi. Nobile sollecitò allora il comandante Tornberg perché organizzasse un nuovo tentativo con il Klemm-Daimler pilotato da Eickmann. Ma il 12 luglio, quando l'aereo fu pronto per il volo, il rompighiaccio sovietico Krassin era già arrivato alla Tenda Rossa.

Mar Glaciale Artico, giugno 1928: la baleniera Braganza incagliata fra i ghiacci durante i soccorsi ai naufraghi dell'Italia.




La spedizione di soccorso sovietica impiegò due rompighiaccio, il Malyghin e il Krassin. La prima nave, partita da Arcangelo il 12 giugno, doveva raggiungere la parte orientale delle Svalbard e di qui dirigere verso nord. Il Krassin, comandato da Karl Eggi e con a bordo il professor Samoilovich per coordinare i soccorsi, salpò da Leningrado il 16 giugno. Doveva raggiungere le Svalbard da ovest e perlustrare tutta la parte settentrionale dell'arcipelago verso l'isola di Foyn. Il 3 luglio, a nord delle Svalbard, il Krassin subì danni a un'elica; ulteriori avarie convinsero Samoilovich a ritornare per le riparazioni e per rifornirsi di carbone. Ma Nobile telegrafò al comandante della spedizione sovietica, pregandolo di non rinunciare alle ricerche, e riuscì a ottenere che dal rompighiaccio fosse calato il trimotore Junkers pilotato da Boris Ciuknowski. L'aereo decollò alle 16 del 10 luglio e riuscì ad avvistare il gruppo Mariano ma non a rientrare al Krassin. La nebbia lo costrinse infatti a un atterraggio di fortuna presso le Sette Isole, dove il velivolo restò bloccato dai danni subìti. Samoilovich, sostenuto da un equipaggio noncurante delle avarie e della scarsità di carbone, decise di proseguire. All'alba del 12 luglio vennero avvistati e tratti in salvo Mariano, che aveva un piede congelato, e Zappi. Malmgren, purtroppo, non aveva retto alla tremenda marcia sui ghiacci. Alle 20 dello stesso giorno fu avvistata la Tenda Rossa: mezz'ora dopo il rompighiaccio iniziava il salvataggio dei cinque naufraghi rimasti. La tenda fu smontata e trasferita sulla nave insieme all'Ondina 33. Erano trascorsi 48 giorni dal tragico impatto dell'Italia.


I sei membri dell'equipaggio dell'Italia scomparsi nel cielo artico con l'involucro dell'aeronave dopo la caduta sul pack. Dall'alto a sinistra, in senso orario: Renato Alessandrini, Ettore Arduino, Attilio Caratti, Aldo Pontremoli, Ugo Lago e Calisto Ciocca.



Nonostante la generosa disponibilità dei sovietici ad appoggiare le operazioni degli idrovolanti, Nobile non riuscì a far proseguire le ricerche dell'Italia e dei sei dispersi che si trovavano a bordo quando l'involucro si era risollevato dopo lo schianto. Da Roma, Italo Balbo ordinò il rientro degli idrovolanti, mentre il comandante della Città di Milano chiedeva al Krassin di raggiungere la Baia del Re. Durante il viaggio di ritorno, il rompighiaccio recuperò l'equipaggio dello Junkers accampato presso Capo Wrede e già raggiunto in precedenza da una pattuglia discesa dalla baleniera Braganza e composta da Albertini, Matteoda, Gualdi e Nois. Sora e van Dongen, avvistati dal Krassin durante l'avvicinamento alla Tenda Rossa, furono portati in salvo dagli idrovolanti svedesi. Altre due spedizioni alla ricerca dell'Italia ebbero luogo nei mesi di agosto e di settembre e videro impegnati, senza alcun risultato, la Braganza e il Krassin. Il 22 settembre Samoilovich ricevette da Mosca l'ordine di rientrare definitivamente. La Tenda Rossa, riportata in Italia, è oggi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica. La radio Ondina 33 è conservata dal Museo della Marina militare italiana di La Spezia.

Gli Scienziati

La spedizione dell'Italia comprendeva tre scienziati di grande fama: l'italiano Aldo Pontremoli, fondatore del Dipartimento di Fisica dell'Università di Milano, il cecoslovacco Frantisek Behounek, direttore dell'Istituto del radio di Praga, e lo svedese Finn Malmgren, geofisico e meteorologo, docente all'Università di Uppsala. Essi misero a punto con Nobile un nutrito programma di ricerche, che spaziava dall'oceanografia alla geografia, dalla geofisica alle ricerche sul magnetismo terrestre e sulla propagazione delle onde elettromagnetiche, dalle gravimetria alle ricerche batteriologiche e meteorologiche, nonché uno studio delle Diatomee della Baia del Re. La cabina di comando del dirigibile Italia venne trasformata in un laboratorio; la strumentazione scientifica, proveniente dai più importanti centri di ricerca del mondo, pesava complessivamente circa 300 kg, anche se molte apparecchiature furono appositamente alleggerite. Nonostante l'impossibilità di una discesa sul pack e la tragedia dell'ultimo volo, la spedizione conseguì numerosi risultati scientifici: per citarne alcuni, lo scandaglio acustico tipo Behm diede ottimi risultati nella rilevazione delle profondità marine; il secondo volo consentì di rettificare la posizione dell'Isola Grossa e fu osservata l'assenza di ghiacciai sulla Terra di Nord-Est; le misurazioni effettuate portarono alla verifica del valore decrescente della ionizzazione dell'aria al crescere della latitudine; le ricerche batteriologiche portarono alla verifica della sterilità dell'aria nelle regioni polari. Durante i 48 giorni sul pack furono studiate le derive dei ghiacci, mentre il radiotelegrafista Biagi riuscì con l'Ondina 33 a raggiungere distanze considerevoli in trasmissione e in ricezione.

Mare di Barents, 5 maggio 1928: Umberto Nobile e lo scienziato svedese Finn Malmgren a bordo dell'Italia in avvicinamento alla Baia del Re.


Le ricerche meteorologiche più importanti riguardarono lo studio delle nebbie nel periodo giugno-agosto. Alla Baia del Re, il fratello di Nobile, Amedeo, effettuò numerosi rilevamenti sulle pressioni, le temperature e la dinamica dei venti. La scomparsa di Pontremoli e Malmgren non consentì purtroppo di valorizzare una mole notevole di misurazioni e di esperimenti effettuati durante il volo. Inoltre, la parte più consistente della documentazione raccolta con il terzo volo andò perduta con la distruzione della cabina di comando e la scomparsa dell'involucro. Nonostante ciò i contributi alla ricerca scientifica portati dalla spedizione del dirigibile Italia mantengono la loro originalità e la loro rilevanza, soprattutto quelli di carattere geografico e meteorologico. L'impegno italiano nella ricerca al Polo Nord prosegue oggi con la base artica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, attiva dal 15 maggio 1997 a Ny-Alesund (78°55' N - 11°56' E) e dedicata al dirigibile Italia.

Tenda Rossa, 12 luglio 1928.


Il Krassin alla Tenda Rossa. Sulla destra l'antenna della radio Ondina 33.


Nobile e la cagnetta Titina



Professore ordinario di Costruzioni Aeronautiche nel Universita' di Napoli; Accademio Pontificio dal 28 ottobre 1936; Generale dell'Aeronautica Italiana (Corpo Ingegneri); Aeronauta ed esploratore polare. Dopo gli studi classici frequento' l'Universita' e Li Scuola d'Ingegneria di Napoli, laureandosi nel 1908, a pieni voti e lode, ingegnere industriale meccanico. Specializzato nello studio e nella costruzione di dirigibili, entro' neI 1923 nel corpo dcl Genio Aeronautico con il grado di Tenente Colonnello. Nel 1925-1926, su incarico dell'Aereo Club di Norvegia che assieme all'americano Ellsworth si era assunto il rmanziamento di una grande spedizione aerea transpolare diretta da R Ainundsen., ideo' e realizzo in Italia il dirigibile Norge, di cui ebbe il comando durante il volo che, dal 10 aprile al 14 maggio 1926, porto' l'aeronave prima da Roma alle Spitzbergen, quindi, con un lungo ed ardito volo senza scalo, dalle isole Spitzbergen a Telier in Alaska, sorvolando il polo nella notte tra l'11 ed il 12 maggio. Dopo il successo della spedizione, che ebbe la denominazione ufficiale "The Amundsen-Ellsworth- Nobile - transpolar flight" si ebbe uno strascico di polemiche tra Amundsen e Nobile. Quest'ultimo, promosso Generale, progetto' una nuova impresa polare guidata interamente da italiani. Per tale impresa fu costruito da Nobile un nuovo dirigibile, l'Italia, con il quale, raggiunta la Baia del Re nelle Spitzbergen, dopo un primo volo esplorativo fino alla Terra del Nord (gia' Terra di Nicola Il), sorvolo' il Polo Nord (24 maggio 1928). Nel ritorno, effettuato a differenza del volo precedente verso le Spitzbergen, sulla medesima rotta dell'andata, il maltempo fece precipitare il dirigibile sul pack. Nel tragico tentativo di recuperare i superstiti della spedizione persero la vita alcuni soccorritori e tra questi anche Amundsen, che precipito' in mare con un aereo insieme ad altre quattro persone. L'insuccesso della spedizione e le traumatiche vicende successive ebbero come conseguenza una inchiesta alla quale venne sottoposto Nobile. Dimessosi dall'Aeronautica si reco' nell'URSS (1932), dove rimase fino al 1936 costruendo e progettando dirigibili: dal 1939 al 1942 lavoro' negli Stati Uniti. Nel dopoguerra, dopo la pubblicazione di "Posso dire la verita"', libro fortemente polemico, è riapparso varie volte alla ribalta della cronaca per difendere il proprio operato; in precedenza aveva scritto "Alla conquista del segreto polare" (1928) e "L'Italia al Polo Nord" (1930). Tornato in Italia nell'estate del 1942, ne riparti pochi mesi dopo per la Spagna dove tenne una serie di conferenze presso alcune Universita'. Rientrato defmitivarnente in Italia, fu riabilitato nel 1945 da una nuova Commissione nominata dal Governo e reintegrato nei ruoli dell'Aeronautica; nel 1946 fu promosso Tenente Generale. Dal 1946 al 1948, eletto Deputato come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, partecipo' attivamente ai lavori dell'Assemblea Costituente. Chiusa di sua volonta' la parentesi politica, tornò ai suoi studi di aeronautica riprendendo il suo ruolo di Professore Ordinario presso l'Università di Napoli. Nel 1960, raggiunto il limite d'età (75 anni), fu collocato a riposo e gli fu conferita la medaglia d'oro del Ministero della Pubblica Istruzione. Con decreto dcl Presidente della Repubblica gli fu conferita anche il titolo di "Professore Emerito" dell'Università di Napoli. Nel 1976, due anni prima di morire, Umberto Nobile volle tornare - e fu l'ultima volta - nel suo paese nativo dove, affacciandosi al balcone della sua vecchia casa, fu salutato dalla sua gente con una calorosa ovazione Al suo nome sono stati dedicati: l'Istituto di Aeronautica dell'Università di Napoli; il Centro di documentazione del Museo Storico-Aeronautica Militare di Vigna di Valle (Roma); Nobileljeliet sulle isole Svalbard a Sud della Baia del Re; strade, piazze e quartieri di alcune città, fra esse: Piazza Umberto Nobile a Roma-Fiumicino; il quartiere "Baia del Re" a Milano in ricordo della spedizione polare del 1928; Umberto Nobile Circle ad Anchorage, Alaska; strade e piazze ad Eboli, Lauro, Salerno, ecc. Nel 1995, a 110 anni dalla nascita del trasvolatore, in occasione della Rassegna fotografica e documentaria "Obiettivo: il Polo" organizzata dall'Amministrazione comunale di Lauro, con il Patrocinio dell'Amministrazione Provinciale di Avellino, dell'Aeronautica Militare e dell'Università degli Studi di Napoli, sono state emesse dallo Stato Maggiore dell'Aeronautica delle cartoline ricordo ed è stato disposto dal Ministero delle Poste un annullo postale speciale. Alla cerimonia hanno presenziato la moglie del generale, Gertrude Stolp e la figlia Maria. Il Comune di Lauro ha dedicato ad Umberto Nobile un Museo, allestito nelle sale del Palazzo Pignatelli dall'Aeronautica Militare, in cui e conservato, tra i cimell, il brogliaccio di bordo del dirigibile "Norge', con annotata la cronaca di uno degli avvenimenti più importanti di quel periodo: 'Giorno 12 maggio o,e 1,30. Si prende l'altezza del sole. Siamo al Polo". E' il 1926. Insieme al hrogliaccio ci sono tantissimi altri cimeli, come le tute termiche che indossavano gli uomini della spedizione, alcuni disegni di dirigibili, foto e documenti che descrivono le imprese del "Generale". .



Una delle ultime immagini del Generale Umberto Nobile
Roma: gennaio 1960


Partito dalle Isole Svalbard sul dirigibile "Norge", da lui stesso disegnato, il 12 Maggio 1926 doppiò il Polo Nord insieme al norvegese Ronald Amundsen e all'americano Lincoln Ellsworth, che aveva finanziato la spedizione. Come generale dell'aeronautica e professore di ingegneria aeronautica a Napoli, iniziò, nel 1928, una serie di voli sopra le regioni inesplorate dell'Artico, con un dirigibile simile al Norge. Al terzo tentativo l'aeromobile si schiantò sul ghiaccio, causando la morte di diciassette persone. Una commissione d'inchiesta determinò le sue dimissioni. Dopo la Seconda Guerra mondiale, il giudizio della commissione fu sovvertito e Nobile venne riabilitato. Abbandonata la docenza, divenne deputato dell'Assemblea Costituente.


(testi e immagini forniti da Anthelios Edizioni e AeroStoria tratti dal volume e dal cd-rom pubblicati in occasione della mostra "La Tenda Rossa" e acquistabili anche online sul sito Anthelios, introduzione AeroStoria.)

Commenti

  1. Bell'articolo, completo e dettagliato. Aggiungo soltanto due annotazioni a margine:

    - Nobile è stato il fondatore e "motore" della scuola napoletana di ingegneria aeronautica, soprattutto dopo il suo rientro in Italia nel dopoguerra.

    - Uno dei dirigibili che realizzò in Unione Sovietica, l'URSS W6 OSOAVIAKHIM, è stato a lungo detentore del record di durata: 130 ore e 27 minuti, tra il 29 settembre al 4 ottobre 1937

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